Allora i masai non li ha inventati la perego

7.30. Mi sveglio con due occhi da una che non dorme da mesi, e invece no, ho dormito dieci ore filate. Niente Futuramon a darmi il buongiorno, c’è un nuovo manager, Demo. Colazione con l’Internazionale di due settimane fa, le notizie più recenti a cui ho accesso, piacevole. Davinia mi scrive che oggi possiamo passare per usare internet, Evvai oggi riuscirò a caricare una pagina in meno di cinque minuti! Tzè, solite illusioni, col mac non riesco nemmeno a collegarmi alla rete, bene… In compenso incontriamo quel fico del ragazzo di Davinia, Jaime, un architetto argentino che lavora per la Fondacao Aga Khan. E mentre stiamo lì a smadonnare davanti ai computer arriva Futu, e decidiamo che è ora di abbandonare i morosetti e di andarcene a pranzo al bel orizonti, oggi hamburger. Solito ordine a casaccio e ci arriva un formaggio giallo-arancio unito ad un’idea di hamburger di pollo e un uovo all’occhio di bue, il tutto all’interno di un panino cicciosissimo, con un contorno di patate fritte appena sbucciate. Non contenti della porzione giga ordiniamo, su suggerimento di quel ciccioso di Futu, tre chamussa de peixe, dei triangolini di pasta fritta con all’interno pesce piccante. Oggi morirò. Futu spazzola tutto con nonchalance mentre noi ci guardiamo spaesate. Davanti al miglior caffè di Ibo, il più cremoso al mondo, non convinta di aver sentito bene chiedo a Futu se è vero che il ragazzo con lo strano vestito colorato che abbiamo visto l’altro giorno all’hotel ha ucciso un leone. Ebbene sì, quello era un Masai. Ma allora i masai non esistono solo su La mia Africa e su La Talpa! Super curiosa gli chiedo vita morte e miracoli del ragazzo e scopriamo che ha 28 anni e che era in vacanza con la ragazza. I masai altro non sono che veri e propri guerrieri, all’età di 14 anni devono superare un test: seduti e con le mani appoggiate sul tavolo devono riuscire a non fare nessuno suono o espressione di dolore mentre un uomo seduto davanti a loro gli taglia con un coltello entrambi i lobi delle orecchie. Chezz. Futu ci racconta poi che il masai solitamente si muove a piedi, fa settimane di cammino per passare da uno stato all’altro, e siccome camminano senza sosta fino a perdere completamente le forze, si fanno rimuovere i due incisivi di sotto perché sia possibile versargli dell’acqua in bocca se li si trova svenuti a terra. Per un secondo penso che vorrei proprio stare con un masai, fino a che Futu aggiunge che i masai non possono passare la notte con le loro mogli, e nemmeno pranzarci insieme, devono vivere nella foresta mentre le mogli se ne stanno solesole a casa. Porelle. Per digerire la mattonata dell’hamburger e del racconto andiamo a svenire sui divanetti, nel nostro oramai amato salotto verde. Alle 4.30 come da appuntamento ci troviamo a casa di Davina e Jaime. La divina ci apre la porta e ci troviamo in una casetta molto spartana ma super accogliente, con tanto di micetto minuscolo, Darta, e una riga di cani tutti uguali. Dopo averci mostrato il giardino e i progetti per la casa, esce sulla spiaggetta e in tre passi va a tuffarsi in mare. Chevvita. Tempo un minuto e arriva Futu, coperto di gel e in compagnia di Florencia, un’argentina che vive sull’isola insieme al ragazzo inglese James, e Facundo, il fratello che dall’argentina è venuto a trovarla dopo anni che non si vedevano. Bagnetto anche per loro e ci ritroviamo poi tutti sulla spiaggetta a sorseggiare un intruglio misterioso. Servito su una tazza creata dal guscio di un frutto, beviamo questo te/tisana di erbette che ci spiegano essere il Mate, tradizionale in parecchi stati dell’america meridionale. L’idea di ritrovarsi per guardare il tramonto sfuma per colpa dei nuvoloni neri che coprono il cielo, ma niente ci muove dalla spiaggia, e mentre la marea scende ed emergono centinaia di metri di spiaggia sommersa, restiamo seduti a guardare le barche arenate e a parlare, finché sarà così buio da non vedersi neanche le mani. Scopriamo che i due morosetti, nonostante si conoscano da solo cinque mesi, hanno in programma di sposarsi il 24 novembre, sul banco di sabbia a nord est dell’isola che emerge solamente con la bassa marea. E mentre immagino questo matrimonio da favola, con Valeria iniziamo a fare dei calcoli matti per riuscire ad andare a Pemba a rinnovare il visto, e ritornare in tempo per il matrimonio. Sono ormai le 7, e mentre un ragazzo sceso in spiaggia continua a riproporci Ai se te pegu e a chiamarsi da solo mafioso, seguite da Futu salutiamo i nostri nuovi amichetti e ritorniamo al Miti Miwiri. Dopo il racconto di oggi sui masai corriamo a vedere la fine del film di ieri e sveniamo felici.

Scritto: vicino ad una capra incinta che mi bela nell’orecchio. Salam

2 risposte a "Allora i masai non li ha inventati la perego"

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